CPR e nuovo patto UE: un modello di detenzione sempre più esteso

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Spazio autogestito 77 | Bolzano

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CPR e nuovo patto UE: un modello di detenzione sempre pi\u00f9 esteso
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CPR e nuovo patto UE: un modello di detenzione sempre più esteso.
Lunedì 14 aprile, dalle ore 18, allo Spazio Autogestito 77
Ne parliamo con:
NICOLA COCCO, medico specializzato in malattie infettive e tropicali, esperto di sanità pubblica e medicina detentiva. Ha trascorso cinque anni in Africa in contesti umanitari con diverse ONG, in particolare Medici Senza Frontiere. Ha lavorato presso l'OMS (Global TB Program), dove ha cercato di focalizzare gli obiettivi della ricerca sulla TB su aree sociali e trascurate. Attualmente lavora come specialista in malattie infettive nelle carceri di Milano implementando progetti di ricerca anche a livello internazionale. Per la Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM) e la Rete Mai più lager - No ai CPR sta lavorando a progetti di ricerca e advocacy con un focus sulle persone migranti in detenzione, denunciando in particolare le condizioni patogene e psicopatogene dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR).
MAURIZIO VEGLIO, avvocato specializzato in diritto dell'immigrazione, è esponente dell'ASGI (Associazione studi giuridici sull'immigrazione) e lecturer presso l’International University College. E' autore di articoli e pubblicazioni su numerose riviste (Cambridge University Press, EDAL, L'indice dei libri del mese, Persona e danno, Questione giustizia, AmeriQuests, Il quotidiano giuridico, Minorigiustizia, Diritto, immigrazione e cittadinanza), nonché coautore del volume "Lo straniero e il giudice civile", Utet giuridica (2014).
Ha pubblicato “Uomini tradotti. Prove di dialogo con richiedenti asilo” (2017), ha curato “L'attualità del male. La Libia dei Lager è verità processuale” (2018, Seb27) ed è autore di “La malapena. Sulla crisi della giustizia al tempo dei centri di trattenimento degli stranieri” (2020, Seb27).
Modera FRANCESCA DE ANGELI, avvocata e socia ASGI
Istituiti nel 1998 dalla legge sull’immigrazione Turco Napolitano (art. 12 della legge 40/1998), i centri furono inizialmente nominati Centri di Permanenza Temporanea, poi denominati CIE (Centri di identificazione ed espulsione) dalla legge Bossi Fini (L 189/2002), e infine rinominati C.P.R. (Centri di Permanenza per i Rimpatri) dalla legge Minniti-Orlando (L 46/2017). Sono strutture detentive dove vengono reclusi i cittadini stranieri sprovvisti di regolare titolo di soggiorno.
I Centri di trattenimento, con le loro varie ridenominazioni e modifiche, rappresentano ancora oggi lo stato della detenzione amministrativa, sottoponendo a regime di privazione della libertà personale individui che hanno violato una disposizione amministrativa, come quella del necessario possesso di permesso di soggiorno.
Nel corso di questi anni, in base all’art. 14 del T.U. 286/1998 e tutte le successive modifiche (dalla Legge Bossi-Fini, ai diversi “pacchetti sicurezza”, al cd. decreto Salvini fino alle ultime modifiche normative del governo Meloni), sono variati sia il numero dei centri detentivi presenti in Italia e sia il periodo di trattenimento prorogabile. Il punto di massima estensione lo si è avuto con il “pacchetto sicurezza” del ministro Maroni quando la detenzione poteva essere prorogata per un massimo totale di 18 mesi.
Nonostante i cittadini stranieri si trovino all’interno dei CPR con lo status di trattenuti o ospiti, la loro permanenza nella struttura corrisponde di fatto ad una detenzione, in quanto sono privati della libertà personale e sono sottoposti ad un regime di coercizione che, tra le altre cose, impedisce loro di ricevere visite e di far valere il fondamentale diritto alla difesa legale.
Il funzionamento è di competenza del Prefetto, che attraverso dei bandi affida i servizi di gestione della struttura a soggetti privati, responsabili del rapporto con i detenuti e del funzionamento materiale del centro. Le forze dell’ordine presidiano lo spazio esterno delle strutture e possono entrare nelle zone dove vivono i detenuti solo su richiesta degli enti gestori in casi eccezionali e di emergenza anche se di fatto questo si verifica quotidianamente.
Le continue rivolte, le morti (più di trenta), gli atti di autolesionismo, i suicidi, le quotidiane vessazioni e abusi, tutte ampiamente documentate dal Garante delle persone private della libertà, da associazioni e attivisti in numerosi report e pubblicazioni, confermano che i CPR risultano del tutto inadeguati, sia dal punto di vista strutturale che funzionale, a garantire il rispetto dei diritti fondamentali ed inutilmente dispendiosi.
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